martedì 8 giugno 2010

"IL CONFLITTO NEGATO" libro scritto da Luciano Vacca



Prefazione di Jimi Dini - Presentazione di Morpheus - Premessa - 1. La Costituzione un pezzo di carta - 2. Discorso di Bob Kennedy sullo sviluppo economico del 1968 - 3. Lo sviluppo: un mito del mondo occidentale - 4. La scuola a casa: è obbligatoria l’istruzione non la scuola - 5. Libertà, potere e società - 6. L’iceberg del conflitto - 7. L’epoca della diffidenza - 8. Il supermercato della democrazia televisiva - 9. Le pretese democratiche: l’”altro” è inumano - 10. La società devitalizzata - 11. La qualità che conta: non avere nessuna qualità - 12. L’umano è fragilità - 13. La felicità nell’epoca del modernismo - 14. Siamo tutti agenti segreti - 15. Il modernismo educatore dell’anima divisa - 16. Le leggi contro natura delle megalopoli urbane - 17. La pratica del contropotere - 18. Sarà pace per sempre? - 19. Il dominio si fonda sull’eliminazione del conflitto - 20. Il biopotere dell’impero post-moderno - 21. Il terrorismo: solo uno spauracchio - 22. Trasparenza securitaria - 23. Politica come religione - 24. E’ la repressione che trasforma il conflitto in scontro - 25. Grandi o piccoli cambiamenti? - 26. In ogni situazione c’è conflitto - 27. L’essenza del conflitto - 28. Formattazione del conflitto - 29. Differenza tra scontro e conflitto - 30. La crisi è l’occasione per riprendersi la vita - 31. L’identità personale si fonda sul conflitto - 32. La crisi è nel negare il conflitto - 33. Il corpo come macchina - 34. Livelli di conoscenza - 35. Cambiamenti in corso - 36. Inutili speranze - 37. Avvenire o divenire - 38. La formazione che non serve - 39. Libertà e responsabilità - 40. Il controllo del non agito - 41. Dallo stato dei diritti allo stato dei privilegi - 42. Soluzione finale - 43. Puttane ed intellettuali - 44. Scusate … siamo razzisti - 45. Potere imperiale - 45.a. La produzione della vita - 45.b. Società e comunicazione - Conclusioni - Bibliografia - Note

per chi volesse acquistarlo inviare mail a lucianovacca@hotmail.com e specificare se in formato cartaceo o elettronico oppure telefonando al numero 3292145943

mercoledì 2 giugno 2010

Festa della Repubblica: tramonto o riscatto della Democrazia.

Così come sta accadendo per i festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario della nascita dell’Unità d’Italia, così come per i valori fondanti su cui poggia la nostra società quali quelli della Resistenza, la lotta dell’antifascismo, la Costituzione, così è accaduto per la festa della Repubblica: da una parte parate militari ufficiali lontane che si perdono nell’astrazione a cui partecipano solo i vip della politica e dall’altra un popolo a cui si fa di tutto per sciogliere qualsiasi legame alla sua storia dedicandolo esclusivamente ad un consumismo sfrenato e volgare.
Provate ad andare in Francia durante la festa che ricorda la presa della Bastiglia e vi accorgerete della differenza di come quel popolo vive la propria storia e come quell’episodio lontano nel tempo datato il 14 luglio del 1789 quando durante la rivoluzione francese a Parigi fu catturata la prigione- fortezza della Bastiglia, oggi è ancora una icona dei francesi con un enorme significato simbolico e mobilitante.
Oppure se volete essere più trasgressivi e fare un viaggetto più lontano, provate ad essere negli Stati Uniti d’America il 4 Luglio e come quella data viene festeggiata da tutti gli americani perché rappresenta la firma della Dichiarazione d’Indipendenza. Per gli americani non è un semplice giorno di festa, non si tratta di “un giorno in più di vacanza” come accade da noi. E’ un giorno che ogni americano è orgoglioso di celebrare. Infatti si dice “celebrare” e non “festeggiare” il 4 luglio, in quanto il verbo “celebrare” porta con se tutta una serie di significati profondi come quello della sacralità.
In Italia, invece, c’è una classe dirigente e non solo quella nazionale ma quella diffusa su tutta la penisola in modo capillare, rappresentata dai cosiddetti notabili locali che in gran parte esercitano professioni intellettuali che hanno fatto di tutto per far dimenticare, per far perdere la memoria storica con un unico obiettivo: quello di perpetuare all’infinito il proprio potere e posizione sociale che in sintesi significa “cambiare tutto per non cambiare nulla, così tutto rimane come prima” creando attraverso lo show, lo spettacolo che si ripete quotidianamente dallo star system dove gli spettatori non diventano mai protagonisti, ma rimangono passivi ad osservare lo svolgimento di una vita non reale.
Ma i nodi della storia vengono sempre al pettine e quindi è bene ricordare cosa è avvenuto il 2 giugno del 1946. Il 2 e 3 giugno del 1946 si tenne il referendum istituzionale indetto a suffragio universale con il quale gli italiani venivano chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo, monarchia o repubblica, dare al Paese, in seguito alla caduta del fascismo. Ebbene sì, dopo ottantacinque anni il popolo italiano decise che il Regno d’Italia diventava una Repubblica e i monarchi di casa Savoia veniva esiliati.
Il 2 giugno è una festa della nazione italiana. Sì nazione, proprio così “nazione”! Si fa tanto parlare sull’identità nazionale del popolo italiano e poi nelle scuole la storia dal ‘900 in poi diventa un qualcosa di nebuloso, di poco chiaro. Mentre studiando proprio la storia contemporanea si chiariscono bene le responsabilità di chi portò alla disfatta militare e morale dell’Italia di allora e le cause del decadimento di oggi.
Quale altra celebrazione potrebbe rappresentare meglio l’identità nazionale del popolo italiano? E’ proprio da celebrazioni come questa e dalle riflessioni che ne traiamo potremo avviare un riscatto morale del nostro Paese.
O facciamo questa riflessione oppure il rischio, in parte già in atto, sarà quello della degenerazione di staterelli regionali e infeudatati da questo o quel politico di turno e non più lo stato nazionale unitario.
Potremo chiamarci probabilmente popolo italico ma certamente non più nazione italiana!