mercoledì 28 gennaio 2009

PROBLEMI RIVOLUZIONARI: il benessere e l'aggressività


La rivoluzione è quotidiana e paradossalmente cerca benessere, ma spesso per ottenerlo lo distrugge. Infatti una delle cose che maggiormente mi hanno fatto pensare, tanto da star male, è la contraddizione tra benessere e aggressività. Questa contraddizione è insita nella logica dei due termini essendo il benessere sinonimo di costruzione e l’aggressività sinonimo di distruzione. E’ noto che il benessere è però contemporaneamente scopo e mezzo dei comportamenti umani, mentre l’aggressività viene considerata come mezzo e mai come fine a se stessa. Questo a livello cosciente, perché spesso la tradizionale maniera di concepire l’aggressività come mezzo per raggiungere il benessere viene a essere sostituita da una concezione dell’aggressività come fine a se stessa, come puro piacere di aggredire.
Mentre è chiaro che spesso si aggredisce per raggiungere un benessere, non è altrettanto chiaro perchè si ricerca un certo benessere per poter meglio aggredire. Questo è il circolo vizioso dell’aggressività: si aggredisce per avere un benessere e si cerca un benessere per potere meglio aggredire. Il fatto che non si possa raggiungere il benessere, la soddisfazione, il piacere, la felicità senza combattere, che il volere una cosa significhi inevitabilmente combattere contro qualcuno, che ci sia sempre o nella realtà o nella fantasia qualcuno che impedisce di raggiungere ogni cosa voluta o desiderata, fa oscillare tra le considerazioni pessimistiche su di sé e sul genere umano e le velleità di combattere per finire di combattere.
Il dilemma è tra l’accettazione di tale contraddizione e il tentativo di uscire dalla contraddizione: “la guerra è la guerra”. Il fatto che il maggior benessere provochi maggiore aggressività è un’idea che contraddice la credenza comune per cui il benessere stordisce e rende meno aggressivi. Molti fatti che accadono ormai quotidianamente indicano che con l’aumento del benessere aumenta anche l’aggressività.

Il benessere e l’aggressività
Di fronte al dilemma benessere-aggressività due sono le alternative possibili: o ritirarsi e rinunciare, oppure fare la guerra e promettere la fine dell’aggressività. Erotizzare l’istinto di morte conduce alla constatazione che questo istinto è ineliminabile. Si erotizza quello che non si può eliminare facendo di necessità virtù. Si rende spesso l’istinto di morte accettabile socialmente (la guerra, il successo, la sopraffazione e lo sfruttamento) perché non si riesce ad accettarlo come tale e non si riesce a eliminarlo.
Ogni uomo è a un bivio: meglio rinunciare per non distruggere e per non correre il rischio di trasformare l’aggressività da mezzo a fine, o meglio distruggere per averlo? Meglio cioè rischiare quotidianamente la propria e altrui morte per poter meglio vivere ciò che si vuole, oppure accettare passivamente il flusso del proprio destino e seguire il calmo inoffensivo succedersi dei giorni senza desiderio? In queste domande è implicita l’idea di un desiderio come lotta, di un comportamento continuamente al bivio tra la guerra per avere qualcosa e la guerra per distruggere chi ci impedisce di averla.
Forse le idee di cambiamento e di rivoluzione non sono concetti lontani e pericolosi, ma tenuti lontani perché pericolosi. E resi pericolosi per tenerli lontani. Forse l’idea di attribuire a una sola persona o a un solo fattore la responsabilità del mancato raggiungimento di quello a cui tendiamo è falsa. Perciò compito odierno della psico-sociologia è quello di rendere familiare alla gente l’idea di lotta non distruttiva, di rivoluzione paritaria. La quotidianità di questi concetti connessi con l’aggressività, la loro non minacciosità potrebbero permettere l’esercizio di quella che E. Fromm ha chiamato aggressività benigna. Se tale aggressività non viene agita, tende a essere repressa come fatto anormale e quindi dà origine a un’altra aggressività, maligna, cioè distruttiva che impedisce comportamenti e desideri costruttivi.

venerdì 23 gennaio 2009

Putsch per coprire il malaffare dei Fondi Europei

Senza clamore il 19 gennaio a Roma è stato portato a compimento un putsch politico-giudiziario. La decisione del CSM in relazione alle inchieste della magistratura di Salerno sull'operato dei colleghi calabrasi si pone al di fuori della democrazia. Infatti il CSM da organo deputato alla difesa dell'indipendenza dell'ordine giudiziario si è trasformato in braccio disciplinare degli interessi occulti che fanno capo non solo alla parte peggiore della politica, ma anche ai potentati malavitosi economici e finanziari. In queste ore sta accadendo un salto di qualità, perchè se prima le "porcate" si facevano in silenzio e possibilmente all'oscuro, oggi invece una azione giudiziaria che scoperchia un malaffare, viene sterilizzata con una azione del CSM invocata dal ministro della Giustizia. SIAMO ALL'ARBITRIO ISTITUZIONALE!!!

Questa vicenda insegna alcune cose:
  1. L'inchiesta definita Why Not e quelle collegate hanno acceso i riflettori su di un santuario che non doveva essere violato. Di mezzo ci sono decine di milioni di fondi europei giunti dalla Unione Europea e finiti chi sà dove. I magistrati che hanno provato ad indagare sono stati bruciati tutti. Cosa simile è capitata ai giornalisti.

  2. L'inchiesta, cominciata da Luigi De Magistris deve aver toccato un livello altissimo non solo pilitico.

  3. Il CSM con il suo comportamento ha voluto dare una lezione a tutti i magistrati che in futuro potrebbero avere l'ardire di pensare soltanto di non attenersi allo stretto necessario.

  4. Che in quel malaffare erano coinvolti e facevano da garante pezzi della stessa magistratura.

  5. Un putsch del genere non può essere avvenuto senza l'avallo di tutto lo schieramento politico istituzionale, in quanto in seno al CSM ci sono togati e laici che fanno riferimento a tutti i partiti.

  6. Rispetto a questa vicenda l'Associazione Nazionale dei Magistrati è stata a rimorchio della politica, ma questo accade ormai anche per gli altri ordini professionali, vedesi quello dei giornalisti.

L'Italia non è più una Democrazia. Se la gente ha intenzione di farsi mettere i piedi in testa si accomodi pure. Ma senza giustificazione alcuna, i primi responsabili di questa deriva sono gli stessi cittadini.

martedì 20 gennaio 2009

Forse è già pronta un pillola per aumentare il conformismo


Sono rimasto esterefatto leggendo l'articolo della rivista Le Scienze con titolo "Evidenziate le basi neurologiche del conformismo". http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/articolo/1334428

L'articolo sostiene che dopo aver scoperto il processo cognitivo ed emotivo che fa sorgere il conflitto nell'individuo tra il proprio sistema valoriale e quello di gruppo è possibile agire sui neuroni per eliminare tale conflitto.

Quindi non solo viene teorizzato il pensiero unico omologante che domina tutti gli individui, ma se ci fosse qualcuno che confligge, perchè ha un sistema valoriale diverso da quello dominante del gruppo e non lo accetta, lo curiamo con qualche pillola.

E questi "esperti" si spacciano anche per buonisti e si chiedono: perchè l'individuo deve soffrire nel conflitto tra i propri valori e quelli della maggioranza? Ci pensiamo noi (esperti), eliminando il conflitto con delle combinazioni chimiche.

Si fa tanto parlare di leadership, di innovazione, di creatività, poi se uno devia un pò la norma o l'ordine precostituito o appena alza un pò il sopracciglio, lo curiamo con delle pillole e se non bastasse lo reprimiamo fisicamente con la marginalizzazione in qualche ghetto.

Forse l'unica cosa che possiamo sperare e che le pillole siano multicolore!

sabato 17 gennaio 2009

Contro la guerra

IL SILENZIO DI FRONTE AI MASSACRI DELLA GUERRA

giovedì 15 gennaio 2009

La scuola a casa: è obbligatoria l'istruzione non la scuola

In Italia non è la scuola ad essere obbligatoria, ma l'ISTRUZIONE ed è possibile scegliere metodi di istruzione alternativi al sistema scolastico pubblico e privato, come la scuola a casa.
Contrariamente a quello che si dice – chiamandola scuola dell'obbligo – in Italia a essere obbligatorio è un grado d’istruzione minimo, come previsto dalla legge.

La Costituzione garantisce che sia un diritto e un dovere del genitore occuparsi dell’istruzione del figlio – qualora non se ne possa occupare direttamente (anche pagando un insegnante o una scuola privati), se ne prende carico lo Stato.

Numerosi articoli di legge regolamentano la scuola, fermo restando che chiunque, disponendo dei necessari mezzi materiali e immateriali, ha il diritto in Italia di occuparsi personalmente dell’istruzione del figlio. Questa opzione si chiama per la legge scuola paterna, ma è più conosciuta come scuola familiare o scuola a casa.

Nessun esame è obbligatorio a parte quello di licenza media inferiore, un diritto/dovere per ogni cittadino italiano. È necessario comunicare l’intenzione di fare scuola a casa in gennaio, al momento dell’iscrizione, al direttore didattico di competenza. Un’ulteriore buona notizia riguarda il cambiamento dell’età dell’arruolamento alla scuola: mentre fino a due anni fa venivano iscritti i bambini nati nell’anno solare, ora solamente quelli che hanno compiuto sei anni entro il 31 agosto.Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda annoverano tutti un gran numero di bambini educati a casa. I paesi anglosassoni vantano la tradizione più lunga di home schooling, e costituiscono un punto di riferimento internazionale importante. In lingua inglese esistono numerosi siti internet con forum di scambio, associazioni e pubblicazioni.

Pensiamo a come potrebbe essere estesa l'istruzione a tutti attraverso l'utilizzo di internet e ridurre drasticamente la presenza a scuola, ormai inutile e in molti casi dannosa per gli stessi ragazzi.

domenica 11 gennaio 2009

Il soggetto come progettista di benessere


L’idea di soggetto come titolare di un progetto di benessere rappresenta il momento di partenza di ogni “lotta per” e quindi il benessere è la grande molla di ri-appropriazione dell’appartenenza e della partecipazione. Un soggetto è immateriale perché il benessere che persegue è di tipo immateriale; è plurale perché molte sono le forme di benessere per lui possibili e richieste; è progettuale perché il benessere si declina nel futuro e non solo nel presente; infine pretende sovranità e non accetta la scarsità imposta dal dominio. Ogni soggetto pretende di produrre e moltiplicare la “sua” ricchezza e impiega la sua energia psichica per farlo.
La creazione di ricchezza come creazione di benessere si basa sull’idea di energia psichica che passa tra le relazioni, passa dalla sorgente/soggetto alla destinazione/oggetto d’amore. Il passaggio di energia psichica attraverso la relazione crea il clima di una comunità., che si esprime con il potere, cioè con la capacità di produrre o impedire i cambiamenti. Quindi il clima di una comunità è determinato dalla capacità di creare oggetti d’amore.
Non vi è potere senza desiderio.
E il potere significa cambiamento, cioè in definitiva creazione di benessere e di ricchezza. Potremmo dire che la ricchezza si crea mediante la gestione del desiderio. Il desiderio significa essenzialmente creazione di oggetti di amore e investimento di energia psichica. La creazione degli oggetti d’amore consiste nell’investimento di energia psichica. Quindi possiamo parlare di investimento come moltiplicazione e dis-investimento come scarsità dell’energia psichica.
Il processo di moltiplicazione si esprime mediante la creazione di oggetti d’amore. Questi possono essere delimitati o illimitati e dare origine a sentimenti/desideri di potenza e di onnipotenza. Nella società “abbondante”, dove paradossalmente il dominio tenta continuamente di far tornare la società all’epoca del malessere, della scarsità, ci sono due grandi meccanismi regolatori della ricchezza tuttora in gioco: gli scarsificatori e i moltiplicatori. Possiamo anche definirli come repressione (creazione di scarsità, ritiro energetico, depressione) ed espressione (creazione di abbondanza, investimento energetico, euforia). Gli scarsificatori tendono mediante la minaccia, il tabù e il senso di colpa a rendere scarsi i beni e il benessere, cioè la ricchezza, i moltiplicatori tendono invece mediante la promessa, la motivazione e il sentimento positivo a rendere abbondanti i beni e il benessere, cioè la ricchezza. La produzione di ricchezza in una cultura dell’abbondanza tende a diventare sempre di più produzione di beni immateriali e di servizi, così come la materialità del prodotto è stata ed è la caratteristica della produzione di ricchezza nella cultura della scarsità. La scarsità del materiale è stata da sempre combattuta con l’abbondanza dell’immateriale. Questa lotta è stata rappresentata dalla libertà dello spirito dall’aspirazione alla libertà dell’umanità.

giovedì 8 gennaio 2009

La vera riforma in Italia è quella dei partiti

In Italia si fa un gran parlare di riforme, ogni legge che viene discussa o emanata la si equipara ad una grande riforma: riforma della giustizia, riforma della scuola, riforma dello stato sociale, riforma federalista, riforme costituzionali, riforma del mercato del lavoro, ecc.
Ma la riforma più urgente, essenziale per far diventare l'Italia una vera democrazia ed uscire da questo sistema oligarchico, sarebbe al riforma dei partiti.

Affichè si esca da questo sistema prepotente, onnipotente, clientelare e profondamente mafioso è necessaria la riforma dei partiti, cioè una drastica riduzione dell'occupazione delle istituzioni da parte dei partiti. E' necessaria una drastica riduzione della loro onnipresenza!!!

Ma in una democrazia rappresentativa, solo i partiti possono riformare se stessi, perchè solo i partiti hanno il potere legislativo di farlo.

Ma è possibile che in Italia i partiti riformano se stessi?

martedì 6 gennaio 2009

Lo sviluppo: un mito del mondo occidentale

Sono due secoli, dalla rivoluzione industriale, che continuiamo a credere nello sviluppo economico infinito del nostro mondo come se fosse una religione nella quale è richiesta la fede e per due secoli abbiamo cercato di esportarlo nell’altra parte del mondo, con metodi che vanno dal colonialismo alla globalizzazione (ancora prima c’erano state le crociate) illudendoci ed illudendo sull’avvento del benessere per tutti.Abbiamo inventato anche metafore del tipo “il decollo dell’economia”, “lo sviluppo durevole”.
Fino a quando continueremo a prendere in considerazione soltanto il PIL (Prodotto interno Lordo) come variabile che ci indica il benessere sociale, non usciremo da questo avvitamento mondiale. E’ necessario iniziare a prendere in considerazione variabili che indicano realmente la felicità dell’uomo, come quello del reddito, la speranza di vita, il livello di istruzione, i costi sociali e ambientali dei trasporti individuali, il valore monetario dei rapporti non mercantili. Ma quali sono stati i costi umani di questo avvitamento? Ma quali sono stati i risultati della credenza nello sviluppo? Il Sud del mondo che noi abbiamo definito sottosviluppato è sempre più povero e il Nord del mondo, in cui noi viviamo, è sempre più sviluppato. Anzi la dicotomia “sviluppati”sottosviluppati” si è trasformata in “inquinati/sottoinquinati”, infatti industrie inquinanti del Nord trasferiscono i loro rifiuti tossici nel Sud.Ma anche in queste due parti ci sono differenze: le classi borghesi nazionali si sono arricchite rapidamente e quelle più povere si sono impoverite. La situazione mondiale sostanzialmente è caratterizzata da miseria e disoccupazione. Questo perché le nostre proiezioni istituzionali a livello di organizzazioni internazionali (vedesi la Banca Mondiale, Fondi Internazionali per la Cooperazione nel Mondo, ecc.) mentre dichiaravano di aiutare i paesi poveri, di fatto aiutavano le classi dominanti di quei paesi ad arricchirsi sempre di più, attraverso una politica di dipendenza in crescendo che ha ridotto i loro bilanci statali all’indebitamento totale con i paesi più ricchi del mondo. Abbiamo creduto e fatto credere che lo sviluppo personale corrispondesse all’arricchimento materiale, all’accumulazione di capitale, alla capacità di saper sfruttare le risorse naturali del nostro pianeta; di fatto abbiamo creato una situazione dove le grandi città metropolitane sono invivibili, creato burocrazie statali con l’unico scopo di auto-riprodursi e dove l’unico rapporto con la gente è quello della repressione, creato gravi problemi all’ecosistema, pregiudicando la possibilità di vita per le generazioni future sul pianeta. C’è un fatto nuovo in assoluto però. Con l’inizio del nuovo millennio nasce la globalizzazione: abbiamo la consapevolezza che lo sviluppo è finito, come sono finiti i paradigmi che reggevano questa credenza, ma è iniziato lo smantellamento delle politiche sociali affidate allo Stato, questo fa sì di aumentare il divario tra i paesi ricchi e i paesi poveri ma anche tra ricchi e poveri di tutti i paesi. La realtà virtuale è diventata un rifugio ancora una volta della credenza dello sviluppo possibile per tutti, ma non possiamo più eludere alla domanda “Che fare?”. Credo che una risposta possibile sia in un proverbio africano: “tu sei povero perché guardi quello che non hai. Vedi quello che possiedi, vedi quello che sei, e ti scoprirai straordinariamente ricco”. Ricorda un po’ quello dei neri che stanchi di essere denigrati hanno proclamato fieramente “black is beautiful”: rivendicare la propria esclusione come condizione necessaria per l’autonomia. Rompere con il modello dominante, come per magia, fa finire la frustrazione provocata dalla impossibile imitazione di uno pseudo-ideale alienante, e le energie che essa aveva finora mobilitate possono essere investite in un processo nuovo: la riscoperta da parte di ciascuno del proprio potere personale. Chi resterà prigioniero dello sviluppo continuerà a misurare tutto con il metro del reddito pro-capite, coloro invece che rompono con questo modello rapidamente accresceranno la loro fiducia in se stessi con la libera iniziativa e ricostruiranno il legame sociale che comporta la solidarietà e il non assoggettamento a nuovi poteri fa emergere nuove possibilità di acquisire nuove risorse.

Discorso di Bob Kennedy sullo sviluppo economico del 1968

Riporto per intero un breve scritto di B. Kennedy.... e penso a come sono attuali le sue parole!

Bob Kennedy Stati Uniti, 1968, esattamente 41 anni fa.
"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”

domenica 4 gennaio 2009

La Costituzione: un pezzo di carta


Il 2008 è stato anche l'anno del 60° anniversario della nascita della Costituzione della Repubblica Italiana. Una Costituzione che ha coperto il malaffare delle banche, dei centri di potere industriale, quello dei partiti e dei media. La Costituzione, appunto un pezzo di carta che non serve più a noi ma ai potenti.
La nascita della Costituzione ha visto la mediazione tra le culture comuniste, cattoliche e liberali. Le tre scuole, che ormai possiamo dirlo, hanno diseducato le persone alla libertà, concependo questa o come un qualcosa che apparteneva alla moralità universalistica o come qualcosa che apparteneva al collettivismo totalitario o come quella del "mercato libero" dove i sudditi si sono trasformati in semplici consumatori.
La libertà, secondo me, è un'altra cosa: è scegliere di vivere responsabilmente nel modo in cui si vuole, non avendo altra sovranità che sè stessi.
La Costituzione và cambiata a partire dall'art. 1, quella che recita che "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Il mito del lavoro nelle società moderniste ha trasformato il lavoro in schiavitù!!! Il lavoro oggi non rende certamente liberi, anzi ha costruito dei lager dove la gente è obbligata a lavorare
Quindi altro che sbandierare i cambiamenti della Costituzione come strumento politico da parte di chi la Costituzione non l'ha mai rispettata. Attraverso la Costituzione c'è stato chi si è arricchito sulla pelle dei cittadini affossandone la libertà.
Mentre, invece, è necessario ridiscutere i principi fondanti della Costituzione, soprattutto le ideologie che l'hanno costruita e i loro limiti rispetto ad una situazione che è totalmente cambiata.
Ma fino a quando la Costituzione è questa o la rispettiamo tutti o tutti sono autorizzati a non rispettarla!

giovedì 1 gennaio 2009

Finalmente il padre


Questa sera ho visto l'ultimo film di Salvatores: Come Dio comanda. E' un film che rappresenta una parte della marginalità, all'interno della quale c'è un rapporto tra padre - figlio che nella realtà quotidiana è quasi del tutto assente. E' un film che fa riflettere molto sul ruolo dei genitori in particolare della figura del padre, il grande assente nelle famiglie.

Il primo del 2009

Iniziamo un nuovo anno e sicuramente ci siamo augurati che sia migliore di quello appena passato. Un fiume di domande nel fiume di spumante che scorre: in che cosa deve essere migliore l'anno che verrà? Tutti se lo sono augurati brindando, ma ognuno ha pensato per se!

Un mondo in cui ogni occasione è buona per dimostrare che si è in grado di "consumare" qualcosa, è un mondo in cui l'uomo è sempre più solo. Un mondo in cui i problemi che appartengono alla sfera collettiva si pensa di poterli risolvere in modo individuale, è un mondo in cui all'uomo è stata tolta la dimensione della "relazione" con l'"altro".

La rete è un'occasione troppo ghiotta da cogliere.

Auguri di buon 2009!!!