sabato 9 maggio 2009

Praticare il contropotere

Si fa un gran parlare di democrazia, ma in effetti non c’è nulla di meno democratico del periodo che stiamo vivendo e pertanto la parola democrazia è diventata una parola vuota di significato usata in tutte le salse per condire un sistema orripilante e repressivo. Ma andiamo con ordine.
Con l’emergere delle forme contemporanee di quella che chiamiamo democrazia, l’uomo “reale” non diventa ciò che sperava di diventare e cioè un individuo sovrano, un cittadino illuminato, un soggetto responsabile della propria vita, ma invece ha dovuto rimuovere la molteplicità che costituiva il tessuto sociale e dell’individuo che ne è una piega e un’espressione. Infatti le comunità che ho osservato, (utilizzo il termine comunità come eufemismo) i cittadini non hanno nessun legame sociale, nessuna relazione sociale significativa tra di loro. E’ stata del tutto eliminata questa dimensione umana, riducendo le comunità a dei territori fatti da abitazioni, strade e luoghi di produzione e di consumo.
Questo primo livello in apparenza sembra tranquillo, ma se lo osserviamo in profondità è il luogo caratterizzato da una perenne e forte conflittualità. Questo luogo non è affatto rappresentato politicamente, mentre la rappresentazione politica corrisponde ad un secondo livello quello della fabbricazione di un uomo astratto senza pulsioni, senza radici. La realtà degli interessi privati corrisponde infine a un terzo livello, quello della macroeconomia che si è sostituita ideologicamente ed oggettivamente al primo livello, quello appunto sopracitato del conflitto sotterraneo mai manifesto.
In questo modo, la ragione economica va ad occupare il posto della realtà complessa e contraddittoria delle nostre società. Ciò spiega il perché il secondo livello, quello politico, vada progressivamente riducendosi a una forma di gestione e di rappresentazione non del livello concreto della conflittualità diffusa e sotterranea, ma delle sfere economiche e dei suoi interessi. D'altronde non sono necessarie analisi politiche e teoriche per confermare questo, ma è sufficiente la percezione di ognuno di noi del divario tra la realtà quotidiana e la sfera politica.
Il trionfo di questo sistema è radicale, in quanto arriva a creare una percezione normalizzata delle cose, una percezione non più ideologica ma come la natura stessa del mondo, come l’essenza dell’uomo. Ovviamente per far ciò è necessaria una folta pletora di esperti nei campi più disparati che governano i mass media e di conseguenza formano l’opinione pubblica, facendoci credere che l’unico e migliore mondo possibile è quello in cui viviamo.
Di fronte ad una situazione di questo tipo non possiamo più essere in una posizione di attesa messianica, ma quotidianamente praticare la propria emancipazione e quelle degli altri camminando. Ed è questo camminare, cioè questo spostarsi nello spazio e nel tempo, che rivitalizza la società attraverso pratiche di contropotere, che rimettono al centro delle nostre analisi e pratiche quel sottostrato contraddittorio e conflittuale del processo materiale definito all’inizio come primo livello.
La via del contropotere è appunto la via del conflitto, e solo attraverso questa via può nascere qualcosa di comune in un gruppo o in una comunità, quindi grande responsabilità hanno tutti quegli operatori socio-culturali che non possono più esimersi da questo compito di rimettere in moto la società anziché narcotizzarla.

4 commenti:

  1. Come sempre illuminante! Sei davvero un ottimo osservatore, ma non passivo, perchè poi trovi anche delle vie d'uscita ad alcuni "labirinti". Ultimamente poi mi trovo spesso, in qualche discussione, a citarti per rafforzare le mie tesi! :)

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  2. Concordo appieno ed è un grosso peso

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  3. Pur condividendo abbastanza l'analisi mi chiedo come definiresti Paesi come l'Iran o la Birmania se definisci il nostro sistema "orripilante e repressivo"

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