venerdì 1 maggio 2009

Le leggi contro natura delle città

Una delle questioni centrali che emerge durante il mio lavoro di intervento nel campo psico-sociale è quella che le persone hanno rimosso dalla loro testa il “conflitto” ed è qui tutta la crisi della democrazia contemporanea. Di fatto la crisi è data dalla crescente dissonanza tra le leggi naturali dell’uomo e le leggi delle città, cioè quelle leggi che si pongono al servizio esclusivo degli interessi economici dominanti. Ciò che io definisco come leggi naturali e che designano la realtà fondamentale del conflitto, non sono leggi positive, ne sono leggi conoscibili in quanto tali, ma sono leggi secondo le quali “non tutto è possibile” e quindi c’è un limite oltre il quale non si può andare e non si deve andare.
Le leggi naturali dell’uomo sono il fondamento che garantisce, in forme differenti, il dispiegarsi della vita di un popolo, di una civiltà. Nelle comunità che mi capita di lavorare, ma in generale nelle comunità dove viviamo, si dovrebbe verificarsi una consonanza tra le leggi delle città e quelle naturali dell’uomo. Ma ciò non avviene, perché? Perché le nostre cosiddette “democrazie” contemporanee sono tormentate dal dilemma di costruire a tavolino un processo storico privo del soggetto “uomo”, ma dichiarandosi a favore di questo ultimo. Ad esempio non c’è un quartiere delle città che sia pensato in funzione del fatto che devono “vivere” e non semplicemente abitarci degli esseri umani; ma si fa un gran parlare dell’uomo e dei suoi bisogni a condizione che sia un “uomo” che sia semplicemente un consumatore vorace di tutto e quindi ancora una volta funzionale alle èlite affaristiche.
In nome della ragione economica, i membri della democrazia moderna dichiarano di trovarsi alla sommità del percorso di civilizzazione negando l’esistenza di miliardi di esclusi e di veri e propri dannati della terra, esattamente come faceva l’Unione Sovietica della dittatura del proletariato, dove gli uomini e le donne in carne e ossa si trovavano di fatto privati di qualsiasi forma di diritto. La democrazie moderna pretende insomma di essere il solo sistema politico in accordo con la natura umana, nel momento stesso in cui sostituisce alla molteplicità conflittuale del tessuto sociale il giochino finto degli antagonismi che il meccanismo della rappresentazione politica avrà preliminarmente formattato in base agli schemi imposti dalla ragione economica. Questo vale per tutti quei paesi, compreso l’Italia, che si richiamano alla democrazia moderna come contenitore vuoto.
E sono più evidenti le contraddizioni, proprio in quelle grandi aree metropolitane dove le leggi delle città tanto meno sono in accordo con le leggi naturali dell’uomo tanto più vengono attraversate da crisi sociali e storiche. In alcune zone d’Italia, dove più forte è stata l’urbanizzazione dei territori e pertanto il dominio di alcuni ristretti gruppi è stato più feroce, si è distrutto totalmente un ordine sociale; l’unico ordine che avrebbe potuto garantire lo sviluppo della società intera e della vita degli uomini.
Impasse, stallo, incapacità di gestire: sono questi i termini che più rappresentano la situazione odierna.
Ma una società in crisi è anche un organismo in cerca di un nuovo equilibrio dinamico, infatti se osserviamo bene tra le pieghe, in quelle che vengono definite culture underground, sotterranee, metropolitane (anche Internet appartiene a queste forme culturali in crescita) vi è la ricerca di una nuova armonia tra l’uomo e la città.
Questi segnali, oggi deboli e marginali, osteggiati dalla cultura omologante, ma gli unici che creano relazione tra il dichiarato teorico e il praticato nei comportamenti, domani possono diventare sempre più forti e costituire un nuovo ordine sociale.

3 commenti:

  1. L'analisi che ha proposto è condivisibile in molti suoi punti, anche se credo che quel che noi oggi ci ostentiamo a raffigurare in democrazia sia nella realtà una mascherazione di ciò che l'economia e il profitto hanno voluto essere.
    Il benessere dell'uomo che tanto si dichiara è in realtà il benessere economico dei pochi che cercano di impressionare i molti. Le nostre città che dovrebbero rappresentare il tessuto umano sembrano sorgere sempre più distanti da noi. I famosi progetti di quartieri che ogni amministrazione dovrebbe prediligere ha nella prassi pochi riscontri poichè a nessuno sembra interessare cosa necessita la polis.
    Ricordo volentieri una discussione televisiva di Paolini dove citava la distinzione che vi è tra il percorrere un tragitto in autostrada e uno in treno. Nell'autostrada tutto assume dimensioni artificiali, riempita da cartolloni pubblicitari, insegne, luci, cemento, industrie conducendciu nelle zone più ricche delle città. Mentre percorrendo il tragitto sui binari il paesaggio assume la sua naturalità, tra corsi fluviali, colline, valli e monti ci dirige nella periferia dandoci la giusta prospettiva della realtà dei luoghi.
    Saluti Monica

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  2. Le testimonianze che riportate, confermano sempre di più alcune considerazioni che in questi anni mi sto portando dietro. La scelta e le scelte degli uomini, diventano in questa società semplice adattamento. Perchè le persone di fronte ad alcune situazioni, polemizzano ma poi accettano quanto gli viene proposto? perchè non può esserci una condivisione di intenti, un considerarsi gruppo per riuscire a fare emergere il bene comune? siamo veramente così chiusi nel nostro individualismo? Ho conosciuto e visto esempi di persone, che hanno fatto delle scelte coraggiose, in contro corrente, ma la maggior parte di noi di fronte alla bilancia personale, soppesa quanto ha e valuta quanto non potrebbe avere. Probabilmente quanto adesso ha, gli è sufficente e probabilmente lo motiva ad andare avanti!

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  3. grazie ancora.... e non fermiamoci nel trovare soluzioni per non essere oggetto ma soggetto nella società. Ciao Enza

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