martedì 17 febbraio 2009

L'iceberg del conflitto

Siamo eredi di un'epoca che ha creduto nella possibilità di porre fine a ogni forma di conflitto, temiamo profondamente tutto ciò che minaccia le nostre vite e le nostre società. Se potessimo, bandiremmo l'idea stessa di conflitto.
Ed è un compito impossibile oltre che assurdo, perchè il conflitto appartiene alla natura stessa della vita, al divenire delle cose.

Il pensiero moderno lo ha considerato come una dimensione patologica dell'ordine sociale o come strumento temporaneo per rovesciare la società presente con le sue contraddizioni e andare verso una società pacificata. Abbiamo l'impressione, ben nota ai marinai, di navigare con carte ormai inservibili.

Pensavamo di procedere verso territori pacificati, ed eccoci un ritorno di conflittualità, vistoso tanto a livello individuale quanto sociale. Conflittualità dalle forme sinistre, addirittura barbare.

Invece di pensare che il conflitto sia qualcosa di cui dobbiamo liberarci, dovremo considerarlo come una dimensione fisiologica della convivenza: negarlo significa minare le stesse basi della convivenza. In una società differenziata il conflitto è una realtà permanente e la vera sfida è che cosa farne, cioè entro quali limiti esso può manifestarsi e con quali mezzi deve essere affrontato.

2 commenti:

  1. credo che il conflitto sia negato perchè le persone non si vogliono mettere in discussione, tantomeno i gruppi e così via.
    la storia antica ci mostra come il conflitto militare, intellettuale e sociale fosse alla base della vitalità di un popolo, mettesse ordine ridefinendo molti aspetti della vita.
    Ma se continueremo a negare il conflitto presto imploderemo e questo accadra prima ad ogni singolo essere umano e poi all'intera società

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  2. Condivdo in toto. Penso che il cosa farne e con quali mezzi deve essere affrontato sia per tutti noi il nodo fondamentate.

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