
L’utilizzo della minaccia terrorista (reale o immaginaria) da parte del potere porta allo scoperto il fenomeno emergente del biopotere, forma avanzata del potere disciplinare nella sua strategia di gestione delle popolazioni. Secondo M. Foucault la violenza estrema delle guerre deregolamentate del XX secolo nasce dal fatto che esse sono state condotte come delle guerre razziali, infatti nel loro contesto il nemico non viene più percepito come un avversario politico, ma come un pericolo che dall’esterno o dall’interno minaccia la vita della popolazione. Vedasi la vicenda degli sbarchi di clandestini sulle nostre coste, ai quali in modo indiscriminato viene ignorato il diritto d’asilo e che vengono rimpatriati in massa in paesi nei quali non vengono tenuti in alcuna considerazione i diritti umani.
Le nostre società sono in effetti società della normalizzazione. In esse il potere si presenta anzitutto come biopotere: potere cioè di condannare a morte chi si suppone rappresenti un pericolo per la società. A tal proposito basta ricordare che in alcuni passaggi del Trattato di Lisbona vi è la reintroduzione della pena di morte per insurrezione contro i governi. Insomma la funzione omicida dello stato stesso non può essere assicurata che dal razzismo. La guerra trova la propria giustificazione in un potere di tipo normativo, che assume appunto la forma della classificazione di un gruppo umano determinato in senso biologico (da qui la nozione di “razza”) e additato come minaccia per la popolazione stessa. Si sono svolte in questo modo le guerre coloniali e gli stermini di innumerevoli minoranze annientate durante il Novecento, ma non vi è alcun dubbio che è all’interno di questa linea che dobbiamo situare il fenomeno del terrorismo, incarnazione contemporanea della guerra razzista propria delle società incentrate sul biopotere e sul sempre più serrato controllo che esse esercitano sulla popolazione in nome della difesa della salute dei corpi standardizzati e formattati dai modelli di riferimento dominanti.
Il biopotere produce infatti, guerre presentate come operazioni di sicurezza, che tendono ad assumere i connotati di un intervento di tipo sanitario. Il linguaggio medico domina il discorso del biopotere. Si parla di “precisione chirurgica” degli attacchi, di “danni collaterali” delle operazioni portate a termine, della denuncia negli ospedali dei clandestini e della schedatura a scuola dei loro figli per evitare il diffondersi di malattie infettive tra la popolazione…La società, il cosiddetto “mondo civilizzato”, sarebbe minacciato da agenti “patogeni” che si tratta di “sradicare” e i metodi necessari alla difesa godono di una giustificazione aprioristica: esiste un’unica popolazione e gli “altri” sono inumani! Questo nuovo genere di guerra prevale sulle altre. Il pericolo che ci minaccia viene presentato come permanente, diffuso, totale. La sorveglianza e il conseguente intervento devono quindi a loro volta essere permanenti, diffusi, totali. Devono investire la vita umana a ogni livello e in ogni dimensione. Si chiede a tutti e in tutti i luoghi di essere poliziotti di se stessi. Insomma il motto è: dalla culla alla tomba ti sorveglio e ti punisco, anzi ti sorvegli e ti punisci da solo!