domenica 15 marzo 2009

La società devitalizzata

A dispetto di quanto raccontano del mito della modernità, non è affatto sicuro che la società democratica garantisca il definitivo abbandono dall’oscurità in cui immaginiamo immerso il Medioevo. Anzi sono forti i dubbi che la società democratica sia il vettore di un autentico cammino verso la libertà. Le rivoluzioni politiche hanno certamente emancipato l’uomo dalla società feudale, ma facendone pagare allo stesso un prezzo elevatissimo: una radicale depoliticizzazione della sua vita. Per quanto riguarda la nostra condizione attuale, potremmo parlare anche di un fenomeno di completa “devitalizzazione”.
Se pensiamo alla religione, nella società feudale essa costituiva un potere concreto e chi apparteneva a quella sfera disponeva di quel potere. Un potere inevitabilmente conflittuale, perché era separato dagli altri poteri. Ogni forma di impegno sociale assumeva di conseguenza la forma dell’impegno sociale.
Con l’avvento della democrazia, il potere politico passa nelle mani del popolo. Ma il popolo non è più lo stesso, non è più la molteplicità della società feudale. Il popolo diventa tale, abbandonando la potenza del suo molteplice e differenziato radicamento, fabbricando un uomo astratto: il “cittadino”, reso ormai disponibile alla rappresentazione politica e all’identificazione con quella rappresentazione. Per l’”uomo astratto”, il fatto di appartenere a una certa religione rappresenta qualcosa di diverso dal suo eventuale impegno politico. La fede appartiene ormai alla sfera privata della sua esistenza e non esprime nulla di decisivo nella sua vita pubblica. La sua individuale “volontà” non ha più alcuna precisa connotazione politica. E’ appunto questo il processo di “depoliticizzazione della vita sociale”, portata a compimento definitivo con l’avvento della società industriale e poi consumistica.
In democrazia la decisione politica si giocherà quindi, d’ora in poi, su un terreno a cui si accede mettendo tra parentesi l’ancoraggio concreto delle persone all’interno della società. La democrazia avrà luogo ai margini dei veri conflitti sociali e quindi refrattaria all’azione politica.
Non è affatto certo che ci siamo lasciati alle spalle il Medioevo, ma e sicuro, invece, che ci troviamo tutti, senza alcuna eccezione, sotto i riflettori accecanti del dispositivo di controllo totale. Ogni cosa, ogni affetto, ogni scelta si trova canalizzata entro un certo dispositivo di rappresentazione, e ciò che si limita ad essere semplicemente “presente” senza essere rappresentato si traduce rapidamente in un pericolo per la società: il malessere psicologico delle persone, i corpi dei “barboni” sulle panchine o che occupano un edificio, gli uomini e le donne poveri che non stanno dentro standards definiti….
E se ci fosse pure qualcuno che volesse rappresentare politicamente o socialmente questo “altro” spaccato della società viene represso duramente, se gli va bene completamente emarginato nella indifferenza. Alla base di questa democrazia si trova il principio del rispetto della scelta operata dal popolo, ma si tratta di un rispetto accordato a ben precise condizioni, quelle dettate dai poteri “forti”.
Uno stato democratico non ha alcuna chance di risolvere il conflitti sociali che lo attraversano facendo ricorso al piano della rappresentazione politica, in quanto essa è astratta, legata ad un punto di vista che guarda da “nessun punto di vista”, se non di quello di produrre, di consumare e di morire quando e come dice il potere.
Perché parlare di devitalizzazione e non soltanto di depoliticizzazione della società? Perché nel momento in cui lo spazio del politico viene canalizzato in direzione della sfera di rappresentazione finta, si avvia un processo di separazione del potere che si va a collocare all’interno della persona stessa. E’ la persona stessa che si incarica di organizzare i suoi conflitti interiori.
All’individuo spetterà il compito di garantire l’unità di ciò che è separato: in quanto uomo aderirà appassionatamente alla sua “fede” politica o religiosa, in quanto cittadino desidererà razionalmente il rispetto di tutte le “fedi” politiche o religiose, ponendosi dal punto di vista di “nessun punto di vista” e quindi tutte sono equivalenti. Si verifica un vero e proprio soffocamento del conflitto, un’autentica devitalizzazione del tessuto sociale, una completa rimozione dell’ancoraggio sociale da cui nascono i conflitti interni a una società e da cui deriva la sua stessa evoluzione.
Ed ecco che l’uomo-individuo si riduce ad essere un semplice supporto di una società serializzata a produrre, consumare e morire. Ma quando e come, lo decide il potere!

5 commenti:

  1. il tuo commento è molto profondo condivido il tuo pensiero.

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  2. Anch'io, ma....possibile che non resti nulla da fare?

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  3. Quello che abbiamo da fare non è certamente dentro gli schemi che abbiamo conosciuto fino adesso....e non sto parlando in termini astratti, ma in termini concreti. Questo è un altro paradigma da abbandonare: disgiungere la teoria dalla prassi. Le due cose sono da tenere insieme!!!

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  4. come dice Benigni quando parla di Dante: "Vabbè, ho parlato troppo dei nostri tempi... lasciamo il Medioevo e torniamo all' epoca di Dante..."

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  5. Personalmente credo che chi persegue la sua strada, ponendosi in maniera attiva nella società attraverso il proprio lavoro e l'esposizione delle proprie idee possa fare da argine a questo processo di devitalizzazione.
    Ci vuole molto coraggio ad andare contro corrente, ma chi ha una forte identità personale ce la può fare.
    Ritengo che la poltica ... Visualizza altropassi attraverso i nostri comportamenti quotidiani, anche le nostre scelte più personali.
    E' nel nostro piccolo che possiamo agire cambiando, senza avere la pretesa di raccogliere plausi e consensi.
    Se ci trinceriamo nelle nostre posizioni, arroccati in difesa del nostro io e del nostro "orticello" stiamo già mettendo in atto una politica di devitalizzazione.

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