lunedì 23 marzo 2009

La qualità che conta: non avere nessuna qualità

Cosa sono le qualità che definiscono un uomo, una organizzazione di uomini che siano essi una azienda, una associazione, un gruppo, una comunità? Le qualità sono le RADICI e le CARATTERISTICHE peculiari, tipiche. Direi uniche! Le radici sono quei vincoli che costituiscono durante la vita il suo evolversi e il nucleo fondamentale di quell’uomo o di quella particolare comunità. Nelle società moderne, l’uomo ideale è l’”uomo senza qualità”. E’ l’uomo sempre identico a se stesso privo di alcuna qualità e se mai ne avesse qualcuna, è disposto a trattarla come qualcosa priva di alcuna importanza.
Nel mestiere che faccio, mi sono reso conto che questa è la condizione necessaria per l’uomo, per sopravvivere nelle società moderne. L’uomo non deve più agire, non deve più pensare, non deve più desiderare sulla base delle sue radici, ma ciò è possibile soltanto, sulla base di un ideale di uomo fatto in serie, interscambiabile con un altro uomo, appiattito sull’immagine con cui gli si dice di identificarsi. Se è questa la condizione degli uomini, quell’uomo è un uomo senza qualità, anzi direi che è un uomo che ha le stesse qualità degli altri uomini: cioè nessuna qualità.
Si è ormai affermato il mito dell’uomo senza qualità, senza radici, senza caratteristiche uniche, liquido e questo ha creato una inefficace trasmissione del Sapere dagli adulti ai giovani, da un uomo ad un altro uomo, da una comunità ad un’altra comunità. E se noi ci riflettiamo un po’, non è possibile che ci sia nessuna trasmissione di Sapere se non sulla base di una “differenza” che giustifica e rende desiderabile il Sapere. Nelle società moderne tutti gli individui si identificano con una immagine di uomo astratto dove tutti i conflitti sono stati già mediati, già disciplinati, già normati e quindi non è necessario mostrare alcuna differenza, alcuna qualità; appunto vien fuori una immagine da imitare di un uomo senza qualità.
E se caso mai dovessimo desiderare quello che per davvero desideriamo o non fare quello che i modelli di riferimento ci dicono di fare, diventiamo una “minaccia”, un “estraneo” e in molti casi, un “inumano”.
Mi è capitato qualche giorno fa di recarmi in uno dei tanti territori che continuano a chiamarsi inopportunamente comunità e di chiedere in una tabaccheria se avesse le sigarette che di solito fumo, ma che trovo sempre più raramente; la risposta è stata: “ma lei come si permette ancora di fumare quel tipo particolare di sigarette? Noi abbiamo soltanto quelle che fumano tutti. Anzi, ma come si permette di chiedermele, di desiderarle, di essere così egoista?”.
Ecco appunto il modello di riferimento ci chiede di non manifestare il vero desiderio, ma quello costruito artificiosamente, formattato. Solo reprimendo il vero desiderio diventiamo “uguali”, veniamo considerati dei cittadini, degli “umani”.
Pensiamo ancora per un attimo, a quelle popolazioni europee che per secoli hanno manifestato la loro particolare peculiarità nell’essere itineranti, oggi con molte normative legislative, se quei popoli non abbandonano la loro particolarità e quindi si omologano a vivere (si fa per dire) negli appartamenti e non più all’aria aperta, gli negano il diritto di cittadinanza e quindi non potranno più chiedere certificati, non potranno più utilizzare i servizi sanitari, non potranno più cercarsi un lavoro, non potranno più portare i loro figli a scuola, verranno cancellati dalle liste dei residenti; in un’unica parola: non esistono più!
Eppure si parla tanto e si spende tanto denaro pubblico per l’integrazione. Integrazione delle minoranze, dei portatori di handicap, ecc. Ma in effetti il potere non vuole l’integrazione, ma semplicemente la disintegrazione di ogni singola qualità, di ogni radice, di ogni caratteristica particolare! E solo a quel punto che il potere sarà pronto ad integrare: quando non c’è più nulla da integrare.

6 commenti:

  1. E' tanto vero e così semplice da spaventare!
    Solo che non puoi diventare così, se hai delle qualità, non ce la fai proprio e quindi.....continui a vivere e basta.

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  2. C'è da strapparsi i capelli per la rabbia non del costume vigente ma per la totale assenza di reazione da parte dei senzienti!
    Bella Civiltà del Cretino che siamo chiamati a sostenere!!!
    Grazie Luciano

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  3. Hai ben sintetizzato la mia storia negli ultimi 4 anni! Per questo ho perso il lavoro e per questo non lo trovo più e credo che non lo troverò. Però.....preferisco dormire sogni tranquilli, rimanendo orgogliosa della mia diversità e continuando a distinguiermi dagli uomini in grigio dei Pink Floyd e dal "mucchio selvaggio" che inconsapevolemnte ogni giorno è convinto di vivere.

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  4. cerco con tutte le mie forze di stare fuori dal mucchio,contenta della mia diversita',facendomi strumentalizare il meno possibile,certo sono quasi un aliena!!!Ma sono contenta cosi !!!!!ciao

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  5. Grazie ancora per il suo approfondimento, mi consenta l'ironia del fatto che lei si rivolge più volte al generico uomo che mi ha permesso di mantenere una maggiore distanza da quello che lei dice. Naturalmente sono consapevole che la realtà è realmente quella che lei va descrivendo, ma d'altra parte bisogna anche essere un po' coraggiosi e riprendere con forza la nostra vita a piene mani.... io che tendenzialmente cerco di sfuggire i luoghi comuni (a parte Facebook che trovo un interessante esperimento di nuova agorà, anche se un po' fittizia), altresì mi domando ma ne vale la pena, tanta fatica perché, se poi i furbetti del quartierino sono quelli che in realtà alla fine decidono. Da un po' di anni mi impegno politicamente, ma secondo lei che politica è quella che alla fine non si fonda sulle idee "ma su scusa tu quanti voti porti?", sì condivido quanto dice.... sull'UOMO. Saluti, Enza

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  6. Grazie a Lei per aver riflettuto sul mio scritto...ognuno è libero di trovare il modo migliore per rimboccarsi le maniche, ma di lavoro c'è ne tanto da fare che non basta la nostra vita terrena e con molta franchezza non credo che in questo meccanismo c'è possibilità di invertire la tendenza. Il livello di compromissione sociale è talmente elevato che solo chi sceglie di spezzare il meccanismo e ricrearne un altro, diciamo, per brevità, più "umano" , ha possibilità di futuro. Per far ciò, oggi, non si può non essere che una minoranza con forte identità e conflittuale, ma pur sempre una minoranza. Ed è ovvio che non penso alle finte contrapposizioni politiche attuali, ma a quelle sociali ed economiche in primo luogo.
    Quello che Lei afferma sulla politica ovviamente Le fa onore, ma badi che ho delle conoscenze che fanno riferimento a schieramenti politici diversi dai suoi, ed affermano le stesse cose. Quello che fa la differenza, o se meglio preferisce la "diversità" è il comportamento, gli stili di vita, non le parole, di quelle ne abbiamo troppe. E le idee rimangono vuote parole o semplici sogni se non si trasformano in fatti "qui e ora".
    La saluto cordialemte, Lucian0

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