
Prendiamo in considerazione il "dibattito democratico", così come si svolge sia in pubblico sia in privato. Lungi dall'essere libero da restrizioni, un dibattito, al contrario , non è giudicato democratico se non a condizione di essere strutturato secondo lo schema del "contraddittorio". Nel supermercato delle idee, i consumatori di opinioni devono essere liberi di scegliere l'opinione che preferiscono. Nulla di meglio della contraddizione tra l'una e l'altra tesi, allora, per garantire ai consumatori la loro libertà di scelta. Ma in base a cosa potranno mai scegliere? La semplice contrapposizione non può essere un criterio sufficiente. Che cosa potrebbe spingere a orientarsi in una direzione piuttosto che in un'altra? Uno dei principi sacri del contraddittorio consiste nel sopprimere ogni fattore capace di fare inclinare la bilancia del confronto da un lato o dall'altro: la sacrosanta libertà d'opinione del cittadino, in quel caso, si troverebbe messa in pericolo. Per questo ci troviamo ad assistere tanto spesso alla sterile contrapposizione di opinioni incapaci di esprimere un punto di vista concreto.
Il dibattito, nella forma del contraddittorio, si nutre di opinioni astratte o nel migliore dei casi si neutralizzano reciprocamente. Dal padrone all'operaio, ciascuno avrà le proprie ragioni, e il dibattito non farà altro che consolidare la banalità secondo cui "tutti sono liberi di pensarla come vogliono".
Siamo di fronte ad un rito, legato all'astrazione di fondo su cui è costruito l'intero processo decisionale democratico. E tuttavia un'opinione astratta non è un'opinione. Mentre ogni opinione reale corrisponde a punti di riferimento culturali precisi e ben determinati. Non esiste affatto un punto di vista in base al quale l'operaio e il padrone hanno entrambi ragione. Non esistono prospettive equivalenti, ed è semplicemente impossibile confrontare le opinioni dell'operaio e quelle del padrone in base a uno "stesso punto di vista". Ma una volta costruito questo punto di vista astratto, conforme al principio democratico cui tutte le opinioni si equivalgono, ecco che il conflitto non ha più spazio nè ragione d'essere, e i contrari che rivaleggiano nel dibattito televisivo non esprimono più alcuna contrapposizione reale.
Possiamo concludere che i dibattiti televisivi sono completamente inutili alla determinazione di opinioni concrete, anzi il loro obiettivo, quello si concreto, è la determinazione di opinioni astratte narcotizzando l'opinione pubblica.